Alcuni/molti di voi avranno sentito parlare del progetto Quaero, ovvero della piattaforma integrata per la gestione di contenuti multimediali (sorta di Google all'europea, ma con un sito che parla solo francese e tedesco) sponsorizzato dai governi francese e tedesco e a cui partecipano aziende del calibro di France Télécom, Deutsche Telekom, Thomson, Exalead e istituti di ricerca tra cui l'INRA, Inria, il CNRS, l'Università di Kalrsruhe.
E' invece di questi giorni la proposta del presidente dell'Unione Europea Woschnagg di creare un rivale europeo al Massachusetts Institute of Technology.
Entrambe queste notizie hanno creato un timido clamore e un modesto moto d'orgoglio, nonostante, a tutt'oggi, non si possa ancora vedere nulla di tangibile: Quaero è stato annunciato nel settembre 2005 e l'EuroMIT sarà argomento sul tavolo di discussione della commissione europea in promavera.
Ma il clamore necessario che si deve creare intorno ad esse ha lo scopo di ridare agli europei una nuova fiducia circa le possibilità dello sviluppo tecnologico del nostro continente e, come dichiarato da Woschnagg, anche di contenere la migrazione di cervelli eccellenti verso aziende ed università americane. Secondo il quotidiano Times di Londra, 7 delle migliori dieci università del mondo sono statunitensi, con Harvard e il MIT nei primi due posti della graduatoria.
Una proposta di modalità di implementazione che l'Unione Europea potrebbe utilizzare per questo progetto non prevede la concentrazione ma la distribuzione degli sforzi: così come con Quaero, nel cui sviluppo sono coinvolte diverse entità più o meno omogenee, anche l'Istituto di Tecnologia Europeo potrebbe essere costituito da una rete di istituzioni accademiche e di aziende che avrà il compito di assicurare che le ricerche siano trasformate velocemente in idee di business. Questo consentirebbe una maggior coesione nell'ambiente accademico e contribuirebbe a superare quegli ostacoli che le università troverebbero di fronte a un nuovo concorrente dotato di potenzialità e finanziamenti di molto superiori al normale (Dominique de Villepin si è comunque già affrettato a proporne la sede a Parigi e a suggerire un budget iniziale di 360 milioni di dollari).
Certo è che per ridare alla tecnologia del nostro continente quella fiducia necessaria per evitarne il continuo deperimento non bisogna solo pensare di creare una versione europea di qualcosa che in America funziona alla perfezione, ma bensì di pensare a modelli di innovazione realistici e realizzabili, che rilancino lo sviluppo e che permettano una maggior coesione tra accademia e industria.
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