14.2.05

[tendenze] Tagging, folksonomies, Semantic Web

Un modo sempre più diffuso per la creazione e il mantenimento delle cosiddette reti sociali - o social network - è il tagging, ovvero la volontà dei partecipanti di qualificare la conoscenza attraverso delle etichette, per condividere i propri interessi, il proprio campo di lavoro, etc, allo scopo di poter trovare contatti con chi li condivide o ci può dare una mano.
Io posso quindi iscrivermi a un sito come 43things e descrivermi, illustrando quella parte di me che voglio rendere pubblica e che desidero arricchire attraverso lo scambio con altre persone.
Quello che 43 Things fa per gli obiettivi personali, del.icio.us lo fa per gli interessi generali dei suoi utenti, attraverso la condivisione dei bookmarkOppure posso rendere pubblici i miei bookmark su del.icio.us e vedere quelli degli altri:
Su 43Things possiamo trovare gente che vuole diventare giornalista freelance e correttore di bozze, andare a un concerto, imparare il giapponese, tagliarsi i capelli, eliminare il fumo nei locali dello stato di Washington, finire la tesi, avere una tana sotterranea.
Condividere gli stessi obiettivi e interessi non è come cercare l'anima gemella o trovare amici: non si instaura un rapporto durevole con altre persone, ma si colleziona conoscenza attraverso i rapporti che moltiplicano l'abilità di trovare materiale interessante e utile.
Si tratta forse di un nuovo modo di organizzare l'informazione? Certamente, e probabilmente, dal momento che l'informazione è presente perchè è stata sottoposta a un processo di valutazione da parte di chi l'ha inserita, può costituire un archivio molto più efficiente di un motore di ricerca: i risultati di questi ultimi sono spesso discontinui e disarticolati, mentre l'informazione che proviene da un sito di tagging è stata già utilizzata da qualcun'altro e quindi è testata e (probabilmente) più funzionale e ha più senso per i nostri fini.

Fino ad ora di passi verso la realizzazione del web semantico ne sono stati fatti molti, soprattutto dal punto di vista degli standard: i puristi del web semantico storcono un po' il naso di fronte a questi nuovi servizi, sebbene essi entrino abbastanza bene nella definizione: "Il web semantico è un'estensione del web attuale in cui all'informazioni è assegnato un significato ben definito, permettendo a computer e persone di lavorare meglio in cooperazione" (Tim Berners-Lee, James Hendler, Ora Lassila, The Semantic Web, Scientific American, Maggio 2001).
I metadati, i dati associati alle informazioni, permettono a sistemi e persone di trovare e collegare le informazioni. La creazione dei metadati è passata dall'approccio dei professionisti (catalogatori e biblioteconomisti), a quello degli autori (capitanato da SGML, WWW e Dublin Core). Entrambi gli approcci hanno dei punti di forza e di debolezza: il più problematico è la scalabilità. Come fare a far fronte all'inarrestabile crescita della quantità di documenti?
L'ultimo approccio nella creazione delle tassonomia è quello delle folksonomies (plurale di folksonomy), ovvero metadati generati dagli utilizzatori e condivisi in una comunità: in pratica il modo per far lavorare i metadati in ambienti distribuiti (o anche "metadata for dummies")
E anche se la disciplina dell'Information Architecture sta storcendo il naso, anche se le folksonomies non sono meglio del vocabolario, sono sicuramente meglio che niente: portano il concetto di metadato all'uomo qualunque. Il mio modo di classificare un oggetto o un'informazione può essere differente da quello di molti altri, ma al contempo può anche essere lo stesso che utilizzano molti altri.
Pertanto, nell'ecologia delle tassonomie, è auspicabile una forma di folksonomies controllate, per evitare che lo stesso documento appartenga a 10 folksonomy con nomi differenti ma che indicano lo stesso concetto.
Forse è un po' una stortura del concetto di folksonomy, quello di essere controllata, ma una volta che è stata condivisa cosa possiamo fare? Le possiamo considerare parte dell'universo dei metadati e auspicare una simbiosi attraverso il contributo di catalogatori umani o automatici, che attraverso la linguistica computazionale e l'elaborazione del linguaggio naturale, aggiornino i vocabolari controllati per farli evlvere e renderli più utili nell'attività di ricerca.

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