Conviene alle aziende italiane affidarsi a partner nei paesi emergenti per lo sviluppo di applicazioni? È vero che i costi di un programmatore di Bangalore siano pari al 20% del suo collega italiano?
Per entrambe le domande la risposta è sì, sebbene un progetto di offshoring non coinvolga solo i meri costi della manodopera e richieda una gestione diversa dal normale outsourcing: esistono costi che in un primo momento non sono evidenti o sono additittura nascosti e non prevedibili.
Il processo di selezione
Alcune analisi affermano che i costi di selezione di un fornitore di servizi variano dallo 0.2 % al 2% all’anno.
I costi includono le richieste di documentazione, l’invio di richieste di proposta (RFP) e la valutazione delle risposte e infine la negoziazione del contratto e i costi legali. Alcune aziende assegnano il compito a una risorsa interna, mentre altre si affidano a un consulente in selezione.
L’intero processo può durare da 3 a 8 mesi.
Il processo di due diligence è fondamentale, ma può esserlo anche una visita presso la sede dell’azienda candidata: i costi del viaggio e della permanenza all’estero per le persone coinvolte nella selezione sono da considerarsi parte del progetto.
La transizione
I costi di transizione sono probabilmente la voce più alta del processo di outsourcing: alcune esperienze mostrano come questo periodo possa durare da 3 mesi a un anno.
È necessario portare i partner in Italia per trasferire la conoscenza, che è un processo che richiede tempo e risorse che verranno distolte dal normale processo di sviluppo.
La sola comunicazione telefonica o telematica e l’invio delle specifiche non bastano: è un metodo che sebbene tagli i costi e i tempi iniziali, richiede un tempo di raffinamento successivo molto lungo.
Tempo fa ho incontrato un project manager piuttosto adirato con un’azienda outsourcer indiana poiché non erano state comprese le specifiche inviate, sebbene fossero state molto dettagliate. Ho scoperto poi che gli indiani non erano mai stati in Italia ad assimilare la conoscenza, nonostante avessero chiesto un periodo di permanenza di alcuni loro impiegati. La giustificazione del project manager italiano riguardava l’urgenza del progetto e la fiducia nelle potenzialità di comprensione degli indiani, perché “ormai abituati a lavorare in questo modo”.
Il risultato finale fu che il progetto venne consegnato con 4 mesi di ritardo.
L’azienda straniera dovrebbe analizzare la tecnologia e le architetture del committente prima di iniziare lo sviluppo. In sede dovranno poi essere approntate le adeguate infrastrutture, tra cui la connettività di rete, voce che potrebbe avere un costo ragguardevole, ma che può usufuire dei vantaggi delle VPN, che consentono collegamenti veloci su banda non-dedicata.
I progetti possono essere molto diversi tra loro: alcune aziende mirano a portare all’interno parte della forza lavoro straniera, ma alcune esperienze suggeriscono che il risparmio si ha solo quando almeno l’80-85% della manodopera straniera è all’estero.
In ogni caso, se i progetti sono diversi e corposi, è opportuno avere qualche referente dell’outsourcer stanziale presso l’azienda committente: questo facilita lo scambio di rapporti, lo velocizza e permette di superare agevolmente le eventuali differenze culturali.
Continua nella seconda parte
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